PROGETTO ALIMENTARE E SOCIO-SANITARIO NELLA REPUBBLICA UNITA DI TANZANIA

Uno degli scopi che ha sempre mosso l’Associazione Cuir nella sua attività è stato quello di promuovere la crescita umana e professionale di ragazzi e studenti universitari. Un’occasione per svolgere a pieno questo compito è stata quella di destinare una borsa di studio alla dott.ssa Francesca Mazzanti, laureata in Scienze dell’Alimentazione e della Nutrizione Umana presso il l’Università “Campus Bio-Medico” di Roma, per svolgere la sua tesi di laurea magistrale in Tanzania. Il progetto di ricerca ha avuto ad oggetto i pazienti del centro ospedaliero “The Village Of Hope”, che si trova a 6 km dalla capitale Dodoma. Il centro, fondato grazie all’iniziativa di Suor Maria Rosaria Gargiulo e da Padre Vincenzo Boselli, appartenenti all’ordine dei “Missionari del Preziosissimo Sangue” (C.PP.S.), rappresenta una struttura socio-sanitaria che si occupa di bambini orfani di ambedue i genitori, sieropositivi per il virus HIV, donne in gravidanza e HIV+:, virus che rappresenta uno dei problemi più gravi del martoriato continente africano. Le stime riguardanti la percentuale di sieropositivi nell’Africa sub-sahariana sono infatti sempre più preoccupanti, considerando che secondo quanto riportato dal Report Globale dell’UNAIDS tale regione conta 25 milioni di malati (su 94 milioni di abitanti totali circa,) e 1.2 milioni di morti ogni anno, su un totale globale che ammonta a 35 milioni di malati, in base a quanto attestato dalla “World Health Organization”. Partita nel luglio 2014, la dottoressa è rimasta per due mesi presso la comunità del “The Village Of Hope”, lavorando ad uno studio epidemiologico riguardante la prevalenza di diabete mellito e gestazionale in adulti e donne in gravidanza HIV+ e la relazione tra l’alterazione glicemica e la terapia antiretrovirale, valutando inoltre l’intake calorico e le abitudini alimentari della popolazione locale. L’utilizzo dei farmaci antiretrovirali ha segnato uno dei passaggi più importanti nella lotta all’HIV/AIDS, contenendo in misura consistente la diffusione del virus, e la sua importanza non può essere messa in discussione. Ogni cura, però, esige purtroppo una sua contropartita: tra le possibili controindicazioni di tale terapia, infatti, figurano diversi meccanismi di inibizione dei trasportatori del glucosio, con alterazioni abbastanza gravi da poter portare all’insorgenza del diabete. D’altronde, ad un esame più approfondito svolto dalla laureanda sui pazienti del centro, confrontando gli abitanti del villaggio con chi veniva dall’esterno, è emerso un altro elemento di analisi fondamentale nella comprensione delle possibili forme di contenimento dell’HIV/AIDS: una corretta alimentazione. Un organismo, soprattutto se assalito da un virus, trova in un sano ed equilibrato regime alimentare la propria difesa, e lo stesso ambiente in cui il villaggio è inserito ha rivelato a questo proposito risorse inaspettate: l’importanza delle proprietà nutrizionali della vegetazione spontanea, dei legumi e dei cereali è infatti risultata fondamentale nella dieta dei malati. Risorse messe peraltro molto spesso in pericolo da fenomeni come il “land grabbing”, che tendono a togliere alle popolazioni locali accesso ai terreni e all’acqua, messi a servizio di interessi economici privati. Al di là delle difficoltà proprie al lavoro di ricerca, comunque, e delle problematiche riscontrate nel contesto di vita della Tanzania rurale, molti dei problemi principali nei due mesi trascorsi dalla laureanda al “Village of Hope” sono nati proprio dal doversi ambientare in un contesto estremamente diverso, in cui bisogna conquistarsi la fiducia dei pazienti e degli stessi abitanti del “Village of Hope”. Grazie all’aiuto però di infermieri, personale sanitario e degli stessi religiosi fondatori del centro, anche queste iniziali difficoltà sono state positivamente superate. A dimostrarlo, bastino le parole della  stessa protagonista al suo ritorno: “Raccomanderei a tutti gli studenti motivati di vivere un’esperienza di crescita in Africa, non sarà facile e si deve essere pronti ad affrontare gli imprevisti, ma il bagaglio che si porterà al ritorno è un bagaglio pieno di emozioni, di sorrisi, e tanta voglia di poter ritornare e cercare di dare un contributo. Sarà difficile dire addio all’Africa, è una terra che ti conquista.”